sabato 4 dicembre 2010

Bevi e sii felice: il gioco del m’ama, non m’ama




“Bevi e sii felice: cosa sarà domani,
cosa sarà il futuro, non si sa.
Non correre, non ti stancare, godi
per quanto t’è possibile, non essere egoista,
mangia, e poi non ti dimenticare
che sei un uomo: tra vivere e non vivere
non c’è proprio nessuna differenza. Tutte le vite
sono fatte così: sono soltanto
un equilibrio instabile.
(…)”
Da “Vino e poesia. Centocinquanta epigrammi greci sul vino”, a cura di Simone Beta, Edizioni La vita felice


Agilità, precisione, abilità, questo l’amore al tempo dei Greci.

Un gioco, il cottabo, a sancire il legame profondo, frequentatissimo in letteratura, tra Afrodite e Bacco, dèi dall’equilibrio eminentemente instabile.  Tocco d’artista trovarne il baricentro.




L’ambientazione:  banchetti e terme, dove l’atmosfera si faceva subito bollente.  Le regole di questo ludico oracolo degli amanti: si lanciava il vino in un vaso di bronzo o in minuti recipienti d’argilla galleggianti su una coppa piena d’acqua.  Si puntava il bersaglio e si affondava, o, quantomeno, si tentava. Con il passare del tempo, le regole di questo gioco, importato dalla Sicilia nel VI secolo a.C.., si fecero più sofisticate: le gocce di vino dovevano colpire un vassoio sospeso sulla sommità di un’asta. Considerato il tasso di alcool raggiunto dai convitati durante queste allegre libagioni, l’operazione si faceva oltremodo complicata. Centrato miracolosamente il vassoio, si poteva essere certi dell’amore del compagno cui il lancio era stato dedicato.  In premio per questo vetusto “m’ama, non m’ama”, un bacio appassionato.

Nulla è cambiato dall’amore al tempo dei Greci…siamo ancora funamboli ubriachi in preda alle contraddizioni. Il baro e il croupier, in questo gioco avvincente dove chi lancia lo fa ad occhi chiusi, spalle al bersaglio, mirando col cuore.  Un vero gioco d'azzardo. 



“(…) era indispensabile capire bene il gioco (...) perché sebbene ne avessi sempre studiato le regole con tanta avidità, non avevo capito assolutamente nulla della stessa organizzazione del gioco fino a quando non  l’ho visto con i miei occhi”.
“E’ vero che soltanto uno su cento vince, ma che me ne importava?”
(“Il giocatore” di Fëdor Dostoevskij)




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