sabato 11 dicembre 2010

Et la lune finissait ivre


"E' il richiamo dell'uva che ci ruba il sonno..."
da Il profumo del mosto selvatico (1995)



Ci sono notti in cui si ulula alla luna.

Dopo una cena succulenta in cui si è irrimediabilmente scambiato  il vino per l’acqua di fonte – ahinoi, la natura non ci ha dotati neppure di una tenuta di ferro -, il nettare degli dèi, invece di farci sperimentare l’estasi, suggerisce di avvolgerci nelle spire di lenzuola stropicciate e calducce. Peccato che, in tanto soave sprofondare, si rischi - pericolo minore in questa notte tutt’altro che mistica -, il soffocamento. 

E’ il vigore della natura, pensi, mentre il soffitto balla una lambada.  Quello stesso vigore che a tavola ti ha regalato il riso ed un allegro sragionamento. Condividi le tue gioie e le confidenze più tenere con i commensali, amici compassionevoli, mentre il calice si svuota e si riempie di bollicine, bianchi frizzantini, rossi corposi. I distillati ti danno il colpo di grazia. Hai esagerato con la sublime, ma delicata, arte degli abbinamenti, ormai è  chiaro. E tu continui a ridere, ridere, ridere, gli occhi liquidi di pianto, poi torni a ridere. Riporti alla memoria i volti di persone care, che l’aureo fiotto del grappolo ha evocato quali birboni spiriti benigni. Una leggera ebbrezza continua ad accompagnarti mentre, con abbracci sbracati, saluti gli ospiti sulla soglia.   Ti casca l’occhio, offuscato da quei due chiletti di mascara che a quest' ora t'hanno ridotta la controfigura di un pagliaccio del Circo Orfei, sulla pila dei piatti, e decidi su due piedi traballanti: ora non ce la posso fare.  Domani è un altro giorno, si vedrà. Occupiamoci intanto di raggiungere incolumi il talamo.  Arranchi sulle scale neanche fossero  piramidi maya e, strisciando, ti aggrappi  a quel candido baldacchino svolazzante che dovrebbe avere ben altra funzione. Con la leggerezza e l'eleganza del clown di cui sopra, ancora vestita di tutto punto perché quei deliziosi,  minuscoli e maledetti bottoncini che costellano la tua schiena non si possono proprio affrontare, ti tuffi di testa sul cuscino e parte la giostra: qualcuno fermi la stanza. O mi pratichi un esorcismo.  Orfeo, liberami dall'angoscia.

Edvard Munch - Il giorno dopo - 1894-5, Nasjonal Galleriet, Oslo

Finalmente, arresa, sentenzi:  che la notte sia il sole. Ed intingi la penna nel vino.



Nessun commento:

Posta un commento